Il 3 dicembre è stata la Giornata Internazionale delle persone con disabilità, cioè di quanti hanno riconosciuta una ridotta capacità d’interazione con l’ambiente sociale e pertanto sarebbero meno autonomi nello svolgere le attività quotidiane o comunque in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale.
Per chi si occupa di donazione come noi di Avis, e che vedono molte persone anche con evidenti limitazioni fisiche “tendere” il proprio braccio all’ago della sacca, la disabilità sembra tutta un’altra cosa.
Donazione di sangue e disabilità sono in molti casi due realtà che convivono tranquillamente ed insegnano a dare una ben diversa valutazione di ciò che si considera “la normalità”, pensando a quanti, in perfetta salute e apparentemente ben inseriti nell’ambiente sociale, quel braccio non lo tendono mai.
Certamente la possibilità di donare dipende dal tipo di disabilità: non ci sono condizioni di esclusione “d’ufficio” (nemmeno di carattere genetico) se non l’incapacità di esprimere un consenso informato consapevole o la mancanza di condizioni di buona salute derivata da cause trasmissibili col sangue o non ancora note.
La selezione ultima è la stessa per ogni donatore: la valutazione clinica fatta dal personale medico dell’Unità di Raccolta.
La vera “normalità” dovrebbe essere quella della volontà (prima ancora della consapevolezza) del gesto che si intende compiere, e se chi vive una condizione di svantaggio ha la “maturità” di offrirsi al bene degli altri, dovremmo tutti un po’ rivedere quel concetto di “interazione con l’ambiente sociale” che la Giornata Internazionale promuove da 39 anni.
Alex Zanardi ha detto: “A voi auguro di trasformare tutte le cose che sarete destinati a vivere in opportunità. Molti di voi magari in certe difficoltà della vita vedranno solo le difficoltà, ma spero che troviate invece in quelle difficoltà la spinta per andare avanti”.
